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Un’agricoltura contro i cambiamenti climatici: Aics porta al G7 di Siracusa le colture tipiche del Sahel

OUAGADOUGOU – Un’agricoltura resiliente ai cambiamenti climatici e capace di assicurare la sicurezza alimentare delle comunità rurali. Le colture tipiche del Sahel arrivano al G7 dell’Agricoltura di Siracusa grazie al progetto di cooperazione delegata ‘Sustlives’ che, coordinato dalla sede Aics di Ouagadougou, Burkina Faso, sarà protagonista degli spazi organizzati dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo in occasione del summit in programma dal 26 al 28 settembre.

Finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma ‘Desira’, il progetto ‘Sustlives’ è coordinato dalla sede Aics di Ouagadougou, in Burkina Faso, con il coordinamento scientifico affidato al Ciheam di Bari. Al progetto partecipano, in qualità di partner scientifici locali, l’Università Joseph Ki-Zerbo di Ouagadougou e l’Università Abdou Moumouni di Niamey, in Niger. Del team di Sustlives fanno parte anche l’Alleanza Bioversity International-Ciat, il CNR – Consiglio nazionale della ricerca, l’Università RomaTre e il Luke Institute di Helsinki.

Attivo in Burkina Faso e Niger, ‘Sustlives’ punta alla promozione delle colture tradizionali del Sahel per valorizzare la biodiversità, rendere i sistemi agricoli del Sahel capaci di adattarsi ai rapidi cambiamenti climatici che stanno investendo la regione e assicurare la sicurezza alimentare in aree in cui, secondo le agenzie delle Nazioni Unite, almeno un quinto della popolazione vive a rischio malnutrizione.

Ibisco, moringa, amaranto e patata dolce. Ma anche manioca, vouandzou, gombo e fabirama. Sono queste le colture al centro del progetto ‘Sustlives’, caratterizzate dalla capacità di crescere e adattarsi agli stress climatici e con importanti contenuti nutritivi. Queste specie sono però definite ‘neglette’ e ‘sottoutilizzate’ perché, nel corso degli anni, la loro produzione è stata accantonata a favore di colture aliene e d’importazione che richiedono un uso sproporzionato di risorse, in particolare idriche, in un contesto sempre più esposto a shock climatici.

Le specie selezionate dal progetto ‘Sustlives’, invece, sono autoctone, non solo adatte a crescere nel difficile clima saheliano, ma anche capaci di adattarsi a condizioni metereologiche in rapido mutamento. Inoltre, queste specie vengono coltivate secondo tecniche di agricoltura tradizionale che prevedono un uso limitato di acqua e tutelano le proprietà del terreno, contribuendo a difenderlo dal fenomeno della desertificazione.

Oltre a presentare vantaggi dal punto di vista agro-ecologico, queste specie hanno anche un grande potenziale a livello nutrizionale, grazie a dei valori nutritivi molto importanti a livello energetico, proteico e vitaminico. Dei veri e propri ‘super food’, tradizionalmente utilizzati dalle popolazioni locali anche in ambito medico. La valorizzazione di queste filiere assume quindi un valore che, oltre a essere agroecologico e nutrizionale, è anche culturale.

Lo scambio di conoscenze e informazioni sulle specie dette ‘neglette’ tra le comunità rurali e gli enti di ricerca scientifica è infatti uno degli aspetti principali di ‘Sustlives’. Per questo, nel progetto sono centrali i processi partecipativi che coinvolgono tutti gli attori della filiera agro-alimentare, con la creazione di un vero e proprio ‘laboratorio vivente’ che permette uno scambio continuo di conoscenze. Cruciale, in quest’ottica, il ruolo delle università di Ouagadougou e Niamey che, attraverso diversi incontri tra i partner coinvolti e progetti di ricerca sul campo, si sono poste come luoghi aperti e di condivisione di conoscenze.

“Le popolazioni del Sahel- commenta la titolare della sede Aics di Ouagadougou, Laura Bonaiuti- sono oggi le più toccate dagli effetti del cambiamento climatico. Aics Ouagadougou le sostiene valorizzando le tradizioni alimentari in maniera innovativa, guardando all’ambiente, all’occupazione e all’inclusione di genere”.

 

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