Un approccio integrato per combattere la violenza di genere in Niger

 

In Niger, il paese con il più alto tasso di natalità (6.2 bambini per donna[1]) e di prevalenza di matrimoni precoci al mondo (76% delle ragazze si sposano prima dei 18 anni, e 28% prima dei 15 anni[2]), le violenze basate sul genere (VBG) sono un fenomeno fin troppo comune. Secondo uno studio del 2021 indetto dal Ministero della Promozione della Donna e della Protezione dell’Infanzia, oltre il 38% delle donne nigerine è sopravvissuta alla violenza[3], mentre altri rapporti della società civile attestano dati ancora più allarmanti (63%)[4].

“Il principale teatro di produzione [delle VBG] è l’ambito famigliare” – spiega Safiatou Tamponné, Direttrice della promozione della leadership femminile presso il Ministero. Si tratta di un insieme di cause tra cui “la notevole differenza di età tra i coniugi; il rapporto disuguale di potere; l’assenza di leggi specifiche contro le VBG; la mancanza di una effettiva implementazione delle leggi esistenti”[5].

Altre organizzazioni della società civile identificano, ancor prima, una matrice di tipo socio-culturale con radici nella tradizione e nella religione: le VBG non sono identificate come una violazione di un diritto umano, ma come un diritto proprio all’uomo in quanto marito o padre; il problema rimane incompreso o normalizzato, lasciando alle donne poche speranze.

A ciò si aggiunge poi il debolissimo ruolo della donna nei processi economici, quella che Medeiros e Costa definiscono la tendenza alla “femminizzazione della povertà”[6]: solo il 4.6% dei nuclei famigliari con un capofamiglia donna in Niger è proprietario di terre coltivabili[7]. La terra e il lavoro appartengono all’uomo e, senza un uomo, una donna può difficilmente sperare di mantenere un’attività economica. Rimangono emblematici i casi di vedove o mogli abbandonate, obbligate a ritornare alle proprie famiglie di origine o – se ripudiate – a vivere della carità altrui.

                                                           

In un quadro di tale complessità, l’approccio richiesto per combattere le VBG è multi-dimensionale e integrato. La strategia messa in campo dal governo, dalla società civile e dalla cooperazione internazionale combina la protezione delle donne sopravvissute alla violenza, la sensibilizzazione delle comunità – a partire dalle donne stesse – sui diritti delle donne, e l’empowermentsocio-economico di queste ultime. L’obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza da parte delle donne sui diritti di cui godono, fornendo loro gli strumenti per cercare aiuto quando lo necessitano e diminuire la propria dipendenza dalla figura maschile – tradizionalmente e legalmente a capo del nucleo famigliare.

Tale approccio è sposato da AICS nell’ambito del programma “Iniziativa di emergenza a favore delle popolazioni vulnerabili delle regioni di Tahoua e Tillabéry”, affidato all’operato delle OSC italiane ACRA, CISV, CISP, Intersos e CBM. In queste regioni, la gestione delle problematiche legate alla violenza di genere è complicata dall’intensificarsi degli episodi di violenza armata e dall’aumento della popolazione sfollata che ha messo a dura prova il sistema sanitario. Secondo una valutazione dei bisogni condotta dalle OSC di progetto, esistono pochi servizi specializzati nel trattamento sanitario, nelle cure psicosociali e nell’appoggio giuridico alle sopravvissute alla VBG; il personale medico in loco dichiara di non essere in possesso degli strumenti (kit PEP e altre forniture mediche), né delle competenze per assistere i casi di violenza di genere. Ciò si aggiunge a problemi preesistenti quale la stigmatizzazione delle VBG e la normalizzazione (radicata nella superstruttura religioso-tradizionale) dei matrimoni precoci e forzati, l’omertà da parte delle sopravvissute stesse, la prevalenza di sistemi extragiudiziali di risoluzione del problema (spesso incarnata in strutture patriarcali quali il capo villaggio o il consiglio degli anziani). Tutto ciò scoraggia le persone sopravvissute alla VBG a rivolgersi ai centri di salute per chiedere aiuto.

In questo difficile contesto, l’OSC Intersos – insieme a CISP e CBM – interviene attraverso un’azione olistica che comprende il rafforzamento delle capacità degli agenti dei Centri di Salute Integrati (CSI), la creazione di comitati di protezione, l’assistenza ai bisogni medici, psicosociali, educativi e socioeconomici delle vittime di violenza, ed una serie di campagne di sensibilizzazione sulle norme comportamentali che raggiungono 3.500 donne e uomini in 21 villaggi. Secondo l’OSC, il meccanismo più efficace di risposta alle VBG si è rivelato essere la riabilitazione di spazi sicuri e conviviali, che permette alle donne di accedere con sicurezza all’informazione e sviluppare una rete di supporto per contrastare i meccanismi di esclusione e stigmatizzazione che spesso fanno seguito alle VBG. “Grazie al lavoro di sensibilizzazione delle comunità e delle donne vittime di violenza, vediamo che le donne cominciano a prendere coscienza del problema e denunciare i casi di violenza” spiega l’agente di salute Fati Youra Saga. Si tratta di un importante lavoro di squadra, “insieme possiamo salvare delle vite”.

                                                         

In parallelo, il progetto “Donne in Azione”, implementato da ACRA in partenariato con CISV Onlus e Mooriben, risponde all’aumentata richiesta di accesso al cibo, rafforzando la ownership delle donne nei processi di produzione alimentare. “L’approccio integrato” spiega la nutrizionista di progetto “permette di aumentare l’autonomia delle donne e, al contempo, garantire un’adeguata nutrizione al proprio nucleo famigliare”. Tra le attività, il progetto prevede la distribuzione di kit agricoli composti da materiale per la produzione, sementi e bestiame per 400 donne vulnerabili. Come testimonia una beneficiaria anonima di progetto, “grazie ai kit agricoli distribuiti, possiamo godere dei frutti del nostro lavoro in campagna, in particolare durante la stagione delle piogge. Lo scorso anno le piogge sono state davvero scarse e così è stato anche il nostro raccolto. Quest’anno invece riusciremo a produrre abbastanza cereali anche per far fronte al periodo delle piogge”.

Attraverso queste iniziative, la Cooperazione italiana sta aiutando le comunità target e oltre 12.000 donne nella prevenzione delle VBG, l’assistenza diretta a sopravvissute alla violenze ed il supporto all’autonomizzazione socio-economica di donne in condizione di vulnerabili. Si tratta, chiaramente, dell’inizio di un lungo processo di rafforzamento e empowerment delle donne che richiederà, per la sua riuscita, il pieno coinvolgimento di tutte le istanze sociali e politiche del paese.

 

Pierpaolo Crivellaro, Communication Officer – AICS Ouagadougou 

Foto: Intersos Niger e ACRA Niger 

 


[1] Enquête Nationale sur la Fécondité et la Mortalité des enfants de moins de cinq (5) ans, (ENAFEME 2021). Retrieved online from: https://www.stat-niger.org/wp-content/uploads/rapport_enquete/ENAFEME_NIGER_20201_FINAL_REPORT.pdf

[2] UNICEF Africa (2018). Le mariage des enfants en Afrique de l’Ouest et du Centre. Retrieved online from: https://www.unicef.org/wca/sites/unicef.org.wca/files/2018-11/UNFPA-WCARO-UNICEF_FR_final.pdf

[3] Agence Nigérienne de Presse (26/10/2021). Niger: plus de 38% des femmes victimes de violences basées sur le genre. Retrieved online from: http://www.anp.ne/article/niger-plus-de-38-des-femmes-victimes-de-violences-basees-sur-le-genre-en-2021-etude

[4] Analyse selon genre Niger, ICE, 2017, p.27

[5] Agence Nigérienne de Presse (26/10/2021). Niger: plus de 38% des femmes victimes de violences basées sur le genre. Retrieved online from: http://www.anp.ne/article/niger-plus-de-38-des-femmes-victimes-de-violences-basees-sur-le-genre-en-2021-etude

[6] Medeiros, M. e Costa, J. (2008). Qu’entendons-nous par “féminisation de la pauvreté”? In International policy centre for inclusive growth.

[7] Analyse selon genre Niger, ICE, 2017, p.24

Media e Voci della Migrazione in Africa Occidentale e Centrale

 

Niamey, 06-08 settembre 2022

Tra il 6 e l’8 settembre 2022 si è tenuta, al Palazzo dei Congressi di Niamey, la Conferenza Regionale Media e Voci della Migrazione in Africa Occidentale e Centrale organizzata dal Ministero della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali del Niger e l’Ufficio Regionale di Dakar dell’UNESCO. La conferenza segna la chiusura del progetto “Autonomizzare i giovani in Africa attraverso i media e la comunicazione”, finanziato da AICS attraverso il Fondo Africa del 2016 del MAECI e implementato da UNESCO. L’azione si inserisce in uno dei principali assi di intervento della Cooperazione italiana nel Sahel, la creazione di opportunità economiche e di alternative al cammino della migrazione irregolare.

Nell’arco dei tre giorni, la Conferenza ha portato insieme i rappresentanti diplomatici ed i principali professionisti e esperti degli ecosistemi mediatici degli otto paesi di intervento del progetto - Camerun, Costa d’Avorio, Ghana, Guinea, Mali, Niger, Nigeria e Senegal – fornendo una formidabile piattaforma per lo scambio di idee, esperienze e best practices. Scopo della Conferenza: garantire l’accesso ad un’informazione completa e di qualità sulla migrazione e promuovere i percorsi di migrazione regolare ed il rispetto dei diritti e della dignità delle persone migranti. Nello specifico, la Conferenza ha permesso di intavolare una serie di dibattiti sulle modalità, priorità e raccomandazioni per lo sviluppo di narrative diversificate, inclusive, non stereotipate e “autoctone” sul tema della migrazione, sulla lotta alla disinformazione, e sulle sfide affrontate dai media in tutta la regione.

Come è emerso dai dibatti, troppo spesso purtroppo le storie di migrazione si limitano a focalizzarsi sulle tragedie, sull’illegalità, sulla vittimizzazione, o peggio sulla demonizzazione del migrante, finendo per disumanizzare la figura e la storia umana dietro a ogni percorso migratorio. La migrazione rimane però un fenomeno complesso e sfaccettato, ricco di sfide e difficoltà, ma anche di successi e speranze. Solamente assicurando una copertura informata, completa, sfaccettata e non stereotipata del fenomeno i media possono garantire la diffusione di un’informazione di qualità sulla migrazione – un’informazione che possa permettere ad ogni individuo di intraprendere una scelta ben ponderata ogni volta che il cammino della migrazione si presenta come opzione.

Durante il primo giorno della Conferenza, AICS ha partecipato e contribuito, insieme al Ministro della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali del Niger SE Mahamadou Laoualy DAN DANO, alla Direzione Regionale di UNESCO e agli Ambasciatori degli otto paesi di intervento di progetto, all’approvazione della Dichiarazione di Niamey - documento che sancisce l’impegno di tutti gli stakeholder presenti nel sostenere lo sviluppo di un ecosistema favorevole allo sviluppo di un approccio giornalistico al tema della migrazione con i caratteri sopra citati.

Nel corso della Conferenza, si sono tenuti una serie di dibattiti tematici, in sessione plenaria ed in gruppo, che hanno portato alla stesura di un piano di azione e di una lista di raccomandazioni che sarà condivisa e adottata a livello regionale.